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Una vita spezzata dalla Spondiloartrtite Anchilosante

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Introduzione

Sono Alessandro, ho 30 anni e vivo a Cava de' Tirreni,
Sin da adolescente combatto contro una grave malattia autoimmune, la Spondiloartrite Anchilosante Sieronegativa, che ha trasformato la mia vita in una incessante battaglia contro il dolore cronico e le limitazioni fisiche, costringendomi ad adempiere a spese mediche esorbitanti e dover sopportare costanti e importanti rinunce, impedendomi di vivere una vita come quella di molti trentenni pieni di progetti e sogni per il futuro.

Il dolore cronico, le spese mediche, la fatica quotidiana di sopravvivere con tutte le limitazioni che la malattia mi ha imposto, hanno stravolto la mia esistenza.
Non avrò più una vita normale, come quella di molti trentenni che dovrebbero costruire i propri sogni.

Dopo anni di indagini e soldi buttati, rincorrendo cento o più diagnosi sbagliate prima di ingarrarne una che spiegasse le mie condizioni, ormai il tempo per agire tempestivamente e garantirmi un miglioramento è andato irrimediabilmente perduto. Oggi i dolori sono diffusi su tutte le articolazioni, fino a coinvolgere nervi e muscoli. Dolori ormai cronici e così lancinanti che paralizzano il mio corpo e le mie giornate, segregandomi in una condizione dalla quale non posso uscire. Non con le mie sole forze.

Dopo aver finalmente ricevuto una diagnosi, ho affrontato con determinazione tutte le terapie attualmente disponibili e supportate dalla letteratura scientifica, ma i risultati sono stati deludenti. Il mio sistema immunitario continua a non rispondere in modo adeguato.

È una realtà difficile da accettare, ma il decorso della malattia è ormai considerato irreversibile. La perdita progressiva dell’autonomia è già in atto, e la prospettiva di una sedia a rotelle, o di restare allettato con atroci dolori, non è più un’ipotesi remota, ma una certezza che si avvicina ogni giorno di più. Al momento, non esistono cure risolutive per la mia patologia, e che l’unica possibilità terapeutica è cercare di contenere il dolore cronico.


Accanto a me, per fortuna, c'è la mia compagna. Da ormai quasi nove anni mi sostiene con una straordinaria dedizione e un amore incondizionato. Pensa alle faccende domestiche, gestisce la spesa, la cucina, e mi assiste in ogni mia necessità, anche le più intime, come fare la doccia o aiutarmi a vestire, nei giorni più difficili. Si prende cura di me, ogni giorno, senza alcun aiuto. Ma anche lei è stremata.

Eppure non mi ha mai lasciato, nemmeno quando io stesso non mi sarei voluto accanto. Il peso più grande che porto nel cuore è il senso di colpa nei suoi confronti. Meriterebbe una vita serena, una quotidianità senza sacrifici, e invece ha rinunciato a tutto per starmi accanto. Lei è stata la mia salvezza. E se oggi sono ancora qui, è solo grazie a lei.



A causa della gravità della mia condizione, non posso lavorare, non posso muovermi liberamente, non posso vivere senza aiuto, e la mia compagna di vita è la mia unica fortuna, la mia roccia, la mia caregiver, è la mia unica fonte di sostegno, ed è costretta a lavorare solo part-time per starmi accanto ed aiutarmi nelle attività quotidiane.
Le nostre limitate risorse coprono però a malapena le spese quotidiane e solo alcune delle terapie di cui ho bisogno.

Ho un’invalidità riconosciuta dall’INPS solo al 75%, ma non basta a coprire le necessità di una vita che si fa ogni giorno più difficile. La pensione di 343 euro al mese è ridicola, una cifra insufficiente e ben lontana dal coprire le mie necessità, perché la malattia mi impone visite mediche continue, farmaci fondamentali ma non coperti dal SSN, fisioterapia 2-3 volte a settimana.

Entrambi non abbiamo avuto famiglie pronte a sostenerci. La nostra unica famiglia è quella che abbiamo costruito insieme, e il pensiero di perderla mi terrorizza.

Non ho mai potuto contare su quella che si definirebbe una famiglia tradizionale: non c’è mai stato un nucleo saldo, affettuoso, in cui rifugiarsi o su cui fare affidamento. Al contrario, mi sono trovato immerso in una realtà familiare profondamente disfunzionale, dove gli unici tratti davvero condivisi erano l’egoismo, la superbia e il narcisismo, marcando una totale assenza di cautela e buon senso. Un sistema in cui il mio valore coincideva con la mia utilità.
Nel mio caso, il rifiuto costante e la non accettazione della mia condizione, risale all’adolescenza, quando a soli quattordici anni iniziarono a manifestarsi i primi segnali della malattia. In quel momento, forse il più delicato e cruciale per qualsiasi essere umano, la mia famiglia ha deciso, consapevolmente o meno, di voltarmi le spalle con egoismo e indifferenza. Non parlo di semplici incomprensioni, ma di una forma più profonda e corrosiva di abbandono, di una negazione sistematica, che col tempo si è fatta ostilità aperta. Ogni volta che ho provato a farmi capire, a chiedere una mano, sono stato ridicolizzato, accusato, ignorato.

Nonostante la gravità della mia situazione sia stata ormai ampiamente riconosciuta, purtroppo non riceviamo alcun supporto concreto da parte di chi ci circonda. Al contrario, spesso siamo stati oggetto di giudizi e critiche, etichettati come parassiti, come se convivere con una malattia invalidante fosse una scelta o un comodo pretesto. Da parte loro di fatto non abbiamo mai ricevuto sostegno: né economico, né emotivo, né umano. E ormai è chiaro che non potremo mai contarci.

Pur di non ammettere il proprio fallimento preferirebbero vedermi morire, piuttosto che vedermi stare meglio, invece di riconoscere gli errori commessi, scusarsi, e forse riparare, almeno in parte, la mia sofferenza.
Scriverlo è necessario. Purtroppo la mia famiglia non solo non mi ha mai sostenuto, ma ha troppe volte rappresentato un ostacolo concreto alla mia possibilità di guarigione, di affermazione, perfino di semplice esistenza. Mi sono stati negati l’accesso alle cure, l’affetto, la fiducia, la possibilità di essere guardato con dignità. Questo peso emotivo, sommato alla fatica fisica della malattia, è diventato nel tempo un fardello insostenibile.

La mia compagna ed io siamo completamente soli ad affrontare tutto. La nostra unica famiglia è quella che abbiamo creato insieme, fatta di fragilità, ma anche di un amore che non ha mai vacillato.


La casa dove sopravviviamo non è certo un confortevole rifugio, ma un percorso a ostacoli dove ogni movimento, ogni gesto, anche il più elementare e il più banale, come farmi la doccia, mi risulta impossibile, per via dei mancati ausili e delle mancate attrezzature che la mia patologia richiederebbe. Non c’è uno spazio della casa dove non ci sia una pezza o un compromesso, ogni angolo racconta di soluzioni provvisorie e dei limiti imposti.

Questa necessità mi ha spinto ad avviare questa iniziativa della raccolta fondi, per ristrutturazioni essenziali nella casa in cui viviamo. Questo è di fondamentale importanza per limitare i danni provocati dall’umidità e dai continui sforzi che sono costretto a fare, e di cui il mio corpo risente pesantemente.

Questa casa è fredda, umida, malsana. I balconi in ferro arrugginiti, non si chiudono e col vento si spalancano e lasciano filtrare tutta l’umidità e le correnti gelate dell’inverno, trasformando ogni stanza in una trappola per il mio corpo già così fragile, aumentando un perenne stato d’infiammazione.
In casa c’è muffa, e l’umidità ha raggiunto livelli insostenibili. Per una persona sana sarebbe già un problema. Per me, con una malattia autoimmune grave e cronica come la Spondiloartrite Anchilosante, è un vero incubo. È un ambiente tossico che accelera il peggioramento della mia salute.

La ristrutturazione non è per abbellirne l'estetica, nè tantomeno per lusso o per comfort: è una questione di sopravvivenza e dignità.
La malattia già mi impone mille sacrifici ogni giorno. Almeno in casa, dentro la quale sono costretto a stare la maggior parte delle mie giornate, è una necessità vitale dover ridurre i sacrifici imposti dalle soluzioni improvvisate in ogni angolo.


Per questo chiedo il tuo aiuto. Ogni piccolo gesto, qualsiasi importo, anche piccolo, persino 1 €, potrebbe avere un impatto enorme sulla nostra vita.

E se non puoi donare, condividi questa raccolta fondi: il passaparola è potente e importantissimo per me!

L’Obiettivo:
I fondi raccolti saranno impiegati in due direzioni fondamentali:
• Spese Mediche: Coprire almeno in parte le spese mediche per le cure quotidiane (terapie fisiche, visite continue, farmaci non coperti da SSN) essenziali per il mio benessere.
• Ristrutturazione della casa: Per creare un ambiente sicuro e stabile, riadattato alle mie esigenze, dove poter vivere dignitosamente. Affrontare lavori di ristrutturazione necessari (impianti, consolidamenti, infissi nuovi, adeguamenti) con un investimento mirato e trasparente, del quale pubblicherò preventivi e ricevute.

Cosa mi serve per sopravvivere e per respirare un po’ di normalità?
• Una cucina funzionale, sicura, senza pericoli.
• Almeno un bagno attrezzato con sostegni adeguati.
• Il gas diretto in casa, perché ora uso una bombola che non posso nemmeno trasportare.
• Balconi sistemati per ridurre umidità e freddo, che peggiorano la mia malattia.
• Cure mediche che il Sistema Sanitario Nazionale non copre.

Con i bonus edilizi 2025, posso recuperare fino al 50% di alcune spese, in detrazione fiscale. Per questo è fondamentale iniziare entro quest’anno: dal 2026, queste agevolazioni verranno ridotte o eliminate. Per noi sarebbe la fine: non potremmo più permetterci nulla.

Condividi la mia storia e aiuta a diffondere questa visione: insieme possiamo trasformare la mia speranza in realtà.

Se desideri approfondire il mio percorso e scoprire ogni dettaglio della mia malattia e della mia lotta quotidiana, ti invito a seguire la mia pagina facebook:










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