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Un aiuto per vivere

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La mia storia della malattia, e quello che mi è accaduto.
Mi chiamo Maria Lucia Castro, nel 2010 mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla, avevo una
ditta una bellissima Vetreria Artistica, fatta con molti sacrifici e sudori negli anni.
Avevo messo del tempo a farmi conoscere e a portare in varie parti del mondo le mie creazioni.
Avevo avuto dei sintomi, non compresi dai medici da quando ero ragazza, ma la mia tenacia e il
mio grande amore per l’arte non mi facevano rendere neppure conto, quando mi capitava di
essere stanca e non riuscivo in alcuni momenti a camminare.
Nel 2010, al momento della diagnosi la mia ditta era al suo apice, avevo operai e negli anni molte
allieve a perfezionarsi da me, inviatemi dalla scuola del vetro di Pisa.
Dopo la diagnosi, mi sono vista cascare il mondo addosso, la malattia si era manifestata in maniera
molto aggressiva, e con i peggiori sintomi, fortissimi spasmi e contrazioni, attacchi di panico, crisi
respiratorie, fortissime vertigini, disturbi della percezione, disturbi di incontinenza vescicale e
intestinale, problemi cognitivi, cloni, attacchi di depressione, pensieri suicidi.
Non riuscivo più a connettere, avere la mente lucida, né a portare avanti il mio lavoro artistico e di
imprenditrice che avevo sempre curato con tanto amore.
Da lì a poco con la mia mancanza, fu un susseguirsi di eventi, come la perdita di ditte importanti,
tutto un susseguirsi di cose, hanno fatto precipitare la situazione, e nel giro di poco una sequenza
a catena di problemi, mancate commissioni di lavoro, clienti che non hanno pagato partite
importanti di lavoro ecc.. ecc. hanno fatto sì che la mia ditta precipitasse e nel giro di poco si
riempisse di debiti.
La banca mi ha pignorato, e mi sono ritrovata in una situazione assurda, con un immobile anche se
pignorato e non più mio, mi faceva reddito, mettendomi in condizioni “per assurdo” di aumentare
i debiti, perché tutte le imposte IMU ecc… andavano pagate, e essendo impossibilitata a lavorare
per le mie condizioni, non facevo altro che accumulare debiti.
Il pignoramento e con la casa all’asta, non avevo neppure la possibilità, né di fare domanda per la
casa popolare, né per aiuti economici, perché l’immobile pur non essendo più mio figurava
nell’ISEE e faceva reddito.
Dal 2017 le gambe mi hanno abbandonato del tutto e portatomi stabilmente in sedia a rotelle,
completamente paralizzata negli arti inferiori, non più autonoma, non riuscendo a vestirmi, ad
andare in bagno, ad andare a letto, e quando sono sul letto non riesco neppure a girarmi, per
questo spesso, tutte le notti dopo una certa ora preferisco continuare a dormire sulla sedia a
rotelle, che mi permette almeno un minimo movimento.
Le mani, cominciano a funzionare sempre meno, non riesco a fare alcune cose, come tagliarmi la
carne ne ad abbottonarmi, scrivere e disegnare.
Ma la malattia ha portato comunque al declino della mia ditta, 30 anni di sacrifici, andati in fumo,
ha modificato inevitabilmente i rapporti matrimoniali e mio marito non solo non riesce a lavorare
perché mi deve assistere nel momento del bisogno, ma gli è venuta a mancare una figura di
riferimento e una vita normale.
Da anni ormai si và avanti con la mia misera pensione di invalidità. In questo modo non posso più
curarmi, non posso fare riabilitazione, perché adesso la Asl ha deciso che non la passano più a chi
ha una malattia autoimmune, non posso comprare gli integratori x non degenerare, non posso….
Sono molto amareggiata, ritrovarsi all’improvviso, dalle stelle alle stalle, senza aver mai fatto nulla
di male, colpevole solo di essere stata vittima di una malattia.
In questi anni sono stata settimane senza luce, settimane senza acqua, il gas me lo hanno staccato
nel 2011, non ho riscaldamento, spesso per mangiare ricorro agli aiuti del pacco alimentare
Caritas, o a qualche dono dagli amici.
Dal 2017 sono costretta su una sedia a rotelle e mi danno l'invalidità al 100%
Nel 2019 diventata la situazione molto pesante e dovendo essere costretta a chiudere la ditta, mi
sono rivolta ad un avvocato, consigliata dalla commercialista per accedere alla legge sul
sovraindebitamento e nel 2020 il giudice ha accettato la mia richiesta permettendomi di
estinguere tutti i miei debiti mettendo a disposizione, mio malgrado sia la casa che il capannone.
A dicembre 2022 sono stati venduti all'asta, sia la casa che il capannone e con il ricavato saldati i
creditori.
A marzo 2023 è uscito il bando nel mio comune per la casa popolare, e ho partecipato al bando
per l'assegnazione delle case popolari che nel mio comune risultano essere solo 2 e non hanno
case di emergenza.
Per capire cosa è successo dopo copio la lettera aperta che ho inviato al Sindaco:
Lettera aperta al Sig. Sindaco David Bacci del Comune di Crespina Lorenzana
Egregio Signor Sindaco
Sono Castro Maria Lucia, sicuramente si ricorda di Me , ma voglio comunque ribadire le cause che
Mi portano oggi a scriverle.
Nel 2010 Mi hanno diagnosticato la sclerosi multipla, la malattia si è manifestata improvvisamente
e nel giro di poche settimane non riuscivo più a stare in piedi, Mi hanno ricoverata e curata con dosi
massicce di cortisone. Per tutto il primo anno la malattia si è manifestata in maniera estremamente
aggressiva.
Al tempo Io e mio marito avevamo una piccola attività artigianale che ci permetteva di vivere
dignitosamente, avevamo una casa di proprietà ed avevamo acceso un mutuo per l'acquisto di un
locale dove lavorare.
Sfortunatamente il progredire della Mia patologia non mi ha permesso di continuare a lavorare, e
anche mio marito che doveva assistermi non riusciva a lavorare in modo adeguato, così non siamo
più riusciti a pagare il mutuo contratto con la banca, che ci ha pignorato la casa che avevamo dato in
garanzia.
Nel dicembre 2022 la Mia abitazione è stata venduta all'asta, e a marzo 2023 Ho partecipato al
bando per l'assegnazione delle case popolari, dove sono rientrata fra gli aventi diritto.
Così è iniziata una nuova, inaspettata, e non voluta battaglia, questa volta non contro la mia
malattia, ne contro la depressione, ne contro l'emarginazione e l'esclusione sociale che
caratterizzano chi è nella mia condizione.
Ma nei confronti dell'amministrazione comunale che in maniera ottusa, discriminante e con una
buona dose di cattiveria, Mi invia una PEC in cui Mi assegna un appartamento posto al primo piano
in un edificio senza ascensore e senza la possibilità di mettere un montascale pur sapendo che da
più di 5 anni sono su una sedia a rotelle, e intimandomi di accettarlo entro 15 giorni altrimenti avrei
perso il diritto ad avere un alloggio, che sarebbe stato assegnato ad un altra persona.
Ho risposto dietro indicazione gratuita di un avvocato che avrei accettato l'appartamento solo
quando, per legge, sarebbe stato reso accessibile.
Dopo di che il Suo predecessore ha traccheggiato per quasi un anno fra eclatanti promesse e
sottintese minacce (non dovete rivolgervi ad avvocati, ad associazioni, o ai giornali) in attesa delle
elezioni comunali per cui era ineleggibile. Scaricando di fatto il problema al suo successore.
Inizialmente avevo quasi creduto che con Lei in qualità di nuovo Sindaco sarei riuscita a risolvere la
Mia situazione in maniera collaborativa e costruttiva. Nell'interesse Mio e del Comune.
Anche, quando pochi giorni dopo la Sua elezione è passato a trovarmi, portandomi la piantina
dell'appartamento in cui Mi sarei dovuta trasferire, appartamento circa 50 mq totali con una
divisione interna che non Mi permette di muovermi con la sedia a rotelle, ma garantendomi che
sulla base della relazione dell'ufficio tecnico del comune, che aveva effettuato un sopralluogo
presso la Mia abitazione per verificare le esigenze abitative legate alla patologia che mi affligge,
avreste effettuato le modifiche necessarie a renderlo idoneo alla Mia condizione e a tutti gli ausili di
cui necessito.
Invece da li in poi la situazione è degenerata, ho chiesto più volte al Comune tramite PEC la
planimetria di come intendevate operare per rendere accessibile l'abitazione ma non ho mai ricevuto
risposta, finché dopo mesi Mi viene comunicato in via ufficiosa che il Comune se ne è lavato le
mani e che l'incarico di rendere accessibile l'appartamento è in mano ad APES la società a cui avete
affidato la gestione delle case popolari, e che di fatto l'intervento che vogliono adottare si limita ad
allargare le 3 porte interne e all'adeguamento dei sanitari del bagno.
Nonostante la Mia malattia è già di per se fonte di emarginazione e di esclusione sociale ho dovuto
accettare di trasferirmi nella casa che Mi avete assegnato posta in una frazione senza alcuna attività
di relazione, non vi sono negozi, ne medici ne tanto meno farmacie o uffici postali, mercati, luoghi
di incontro, neanche un marciapiede sulla strada tra l'altro in discesa antistante la casa. dovendo di
fatto rinunciare ad avere un minimo di vita sociale e di integrazione, con l'unica prospettiva di
passare il resto della Mia vita isolata in casa senza potermi muovere.
Ora scopro che nella casa in cui Mi devo trasferire sarà per me impossibile poterci vivere.
Ribadisco che il mio diniego a trasferirmi i quella casa non è per un motivo personale (non Mi piace
il colore dei pavimenti, o avrei preferito una tonalità diversa nella tinteggiatura delle pareti), ma
nell'oggettiva impossibilità di vivere in quegli spazi cosi suddivisi.
E' inutile che allarghiate la porta della camera per farmi entrare, quando la camera matrimoniale in
cui dovrei dormire non arriva ad essere 10 mq.
Dubito che se fossi stata una cittadina normale e avessi chiesto l'agibilità per una casa con la camera
matrimoniale di quelle dimensioni avrei mai potuto ottenerla.
E' impossibile in quello spazio mettere il Mio letto e quello di Mio marito che mi assiste durante la
notte. Posso non mettere i comodini non mettere un armadio ma devo necessariamente accedervi
con la sedia a rotelle e con il sollevatore ed avere lo spazio necessario alle manovre indispensabili
per trasferirmi dalla sedia a rotelle al letto.
Lo stesso vale per il bagno che non arriva ad essere 4 mq , come posso entrarvi con la sedia a rotelle
il sollevatore e Mio marito che lo manovra.
Sia chiaro che non voglio una villa, ma una sistemazione dignitosa in cui se ho sete posso arrivare a
prendermi un bicchiere d'acqua, se ho caldo poter aprire una finestra, se ho sonno avere una camera
dove poter andare a letto, e magari un bagno in cui potermi lavare.
Tutto questo dal Mio punto di vista non è possibile nell'abitazione che Mi avete assegnato.
Mi hanno riferito che il comune investirà un totale di circa 25.000 euro per questa situazione, ma di
fatto gli unici interventi all'appartamento consistono nell'allargare 3 porte e cambiare i sanitari al
bagno.
Non capisco il fine di un investimento così importante pur sapendo dall'inizio che quella casa non
può essere adattata alle esigenze della Mia malattia.
Però, Se l'ufficio tecnico del Comune avendo da tempo preso visione degli ausili di cui necessito e
dello spazio necessario al loro utilizzo ha espresso una valutazione in cui afferma che nella casa che
Mi avete assegnato vi sono gli spazi idonei ad una vita dignitosa vi prego di mandarmene una copia,
così saprò anche io come potermi muovere in quella casa, dove dormire e come poter andare in
bagno.
Non vorrei che l'unico scopo di una spesa così importante sia solo quello di poter poi dire che avete
fatto tutto il possibile, e così facendo lavarvene le mani e la coscienza.
Sono ormai quasi 2 anni da quando e iniziata questa cosa, nel frattempo Io di fatto trascorro le Mie
giornate in un magazzino, non ho riscaldamento, sono malata, vivo una situazione di estremo
disagio. Non vedo l'ora di trasferirmi in un abitazione adatta alla Mia condizione.
Sinceramente non comprendo perché il Comune si ostini a non voler cercare soluzioni alternative,
capisco che Siamo un piccolo Comune, ma proprio per questo fortunatamente situazioni come la
Mia sono rare.
Non penso che l'atteggiamento stile “Marchese del Grillo” che avete tenuto fino ad oggi nei miei
confronti, cioè Ho deciso che la soluzione è questa e solo questa se no Ti arrangi, perché Io sono Io
e voi non siete un …... sia quello più adatto a risolvere la situazione.
Credo che in questi 2 anni se ci fosse stata un minimo di volontà da parte Vostra la Mia situazione
sarebbe stata risolta, evitando a Me molte situazioni di profondo disagio, di umiliazione, di
vergogna, e al Comune un risparmio di risorse economiche e Umane.
Fiduciosa e disponibile a affinché da ora in poi con il Comune possa iniziare un rapporto di dialogo
e collaborazione volto alla soluzione del problema, e magari iniziare il nuovo anno in una soluzione
abitativa adatta alle esigenze della Mia patologia.
Cenaia 11/11/2024
M. Lucia Castro
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