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DOCUMENTARIO-Insediamenti coloniali israeliani in Palestina

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Mi chiamo Mauro Mondello,
sono un reporter freelance e corrispondente di guerra da quasi vent'anni. Nel mio lavoro mi sono sempre occupato di conflitti, con un'attenzione particolare per i temi dei diritti umani, della migrazione e dell'uguaglianza di genere, sforzandomi di presentare i fatti in maniera equilibrata, in una prospettiva di valori che metta al centro la costruzione di una società aperta e solidale.
I miei reportage sono apparsi, tra gli altri, su The Guardian, El Pais. Die Zeit, Sueddeutsche Zeitung, Newslines Magazine, Courrier International, Expresso, La Repubblica, La Stampa, Avvenire, Aspenia, L'Espresso.

Da metà giugno, per circa un mese, sono stato in Israele e Palestina per dei reportage che ho realizzato per la rivista portoghese Expresso, pezzi nei quali mi sono occupato di alcuni elementi che potremmo definire collaterali, rispetto a quanto sta accadendo a Gaza: la polarizzazione della società israeliana e gli israeliani che stanno dalla parte dei palestinesi; la battaglia degli ebrei ortodossi per non prestare il servizio militare; l'utilizzo della guerra a Gaza, da parte delle autorità israeliane, come pretesto/volano per l'ampliamento degli insediamenti coloniali nei territori occupati palestinesi.

Proprio su quest'ultimo punto, quello degli insediamenti, mi sono reso conto che la parola scritta non è più abbastanza e allora, come mi è già capitato in passato, ho deciso di realizzare un documentario video, un lavoro nel quale mostrare, attraverso le immagini, cosa sta accadendo in Israele e Palestina.

Per farlo tornerò a lavorare insieme a Nunzio Gringeri, grande amico e collega, filmmaker diplomato al Centro sperimentale di cinematografia di Palermo che è da poco uscito con un bellissimo film che racconta lo Stretto di Messina, Caronte. Insieme a Nunzio, nel 2012 e poi nel 2022, abbiamo già firmato Stateless e Malta Calling, due documentari pluripremiati che, in momenti e con occhi diversi, raccontano il fenomeno dei migranti africani che tentano di raggiungere l'Europa, descrivendone sia la dimensione pratica, che quella più strettamente umana ed emotiva.

In totale, dall'inizio dell'invasione israeliana di Gaza ad oggi, sono stati dichiarati ufficialmente come “territorio dello Stato di Israele” oltre 1500 ettari di terra, un’enormità se si pensa che nei precedenti cinque anni, dal 2018 al 2023, i terreni che il ministero della Difesa di israleiano aveva deciso di categorizzare come statali ammontavano a poco più di 2000 ettari.
L’attacco di Israele a infrastrutture strategiche, il blocco agli accessi ai campi, l’avvelenamento dei pozzi, sono tutte strategie atte a scoraggiare le comunità palestinesi dell’area e convincerle ad andarsene. La definizione di “territorio dello Stato” da parte di Israele si basa su un’interpretazione che le autorità israeliane fanno di una legge dell’era ottomana del XIX secolo, secondo cui è possibile confiscare terre incolte, aggirando così il diritto internazionale (che impedirebbe a Israele – in quanto potenza occupante – di confiscare terre a proprio vantaggio). Attraverso questa interpretazione giuridica Israele ha dichiarato “territorio dello Stato”, nel corso degli ultimi dieci anni, secondo la ONG Peace Now, il 16% della Cisgiordania.
Il governo israeliano non fa mistero dei suoi obiettivi di “rafforzamento”, come li ha chiamati il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu. Il ministro delle finanze Bezalel Smotrich ha inoltre più volte chiarito che il governo intende approvare la costruzione di 10.000 nuovi insediamenti in Cisgiordania, una decisione che accelera, in maniera ancora più dirompente, un trend che, dalla formazione del sesto governo Netanyahu, nel dicembre del 2022, ha visto, secondo un report delle Nazioni Unite pubblicato lo scorso marzo, la costruzione, dalla fine del 2022 a ottobre 2023, di 24.300 nuove unità abitative negli insediamenti coloniali del West Bank, una strategia che, secondo Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, “è in totale opposizione a quanto stabilito dalla Corte internazionale di giustizia, con la violenza dei coloni e le violazioni legate agli insediamenti che hanno raggiunto nuovi scioccanti livelli scioccanti e rischiano di eliminare ogni possibilità pratica di creare uno Stato palestinese”. Oggi circa 450.000 ebrei israeliani vivono in 160 insediamenti coloniali in Cisgiordania.

L'intenzione del documentario è quella di raccontare quello che sta succedendo in questo momento, il modo in cui i fatti di Gaza stanno influenzando le mire espansionistiche di Israele su sulla Striscia, i progetti per Gerusalemme Est, le costruzioni già partite in Cisgiordania, dando spazio sia alle organizzazioni israeliane che supportano la costruzione di nuovi insediamenti, che, ovviamente, alle famiglie palestinesi che subiscono ogni giorno soprusi e violenze da parte dei coloni, che hanno l'obiettivo di impossessarsi delle loro terre. Un lavoro, dunque, che raccontando il tema degli insediamenti vada in profondità
nella descrizione della società di cui è figlio questo fenomeno, mostrandone l'umanità, buona e cattiva, e tenendo, seppur con una posizione di partenza chiaramente pro-Palestina, una prospettiva che risulti equilibrato dal punto di vista del racconto, dando la possibilità anche ai coloni di raccontarsi, raccontare le loro motivazioni: la banalità del male va ascoltata, per essere compresa fino in fondo.

I 6.000 euro che abbiamo indicato come obiettivo di questa raccolta fondi serviranno a coprire circa la metà dei costi di produzione del documentario, che io e Nunzio andremo a girare alla fine di settembre. Saremmo peraltro molto lieti di organizzare, eventualmente, delle proiezioni del film, una volta pronto, coordinandoci con i sostenitori che volessero invitarci. Grazie mille e a presto!
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