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Due mamme per un bambino. Diritti uguali per tutti

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"La famiglia è il nucleo sociale rappresentato da due o più individui che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità". Così il vocabolario della lingua italiana definisce la famiglia, e se vogliamo andare più in profondità, scomodiamo uno scrittore autorevole come Kafka che afferma: "La famiglia è dove c'è amore". Ma anche la politica dice la sua: rappresentanti della "destra", pur opponendosi al "decreto di legge Zan", affermano che "la famiglia è dove ci sono i figli".
Tutti bei discorsi che lasciano perplessi se li confrontiamo con la sentenza della Corte di d'Appello del 26 aprile scorso che ha negato alla bellunese Monica il diritto di essere mamma del suo bambino, assieme a Cinzia, con cui è sposata dal 2018. E non è stato un bel regalo, nell'imminenza della Festa della Mamma. Mentre la legge prevede l'unione civile fra due persone dello stesso sesso, non riconosce la genitorialità per entrambi i genitori, quando il figlio sia nato in Italia, mentre l'ammette se il figlio è nato all'estero: è questa un'incomprensibile incoerenza.
L'odissea della coppia è iniziata quando la Procura della Repubblica ha disconosciuto la legittimità dell'iscrizione del bambino al Comune di appartenenza come figlio di entrambe. Ci sono stati i ricorsi al Tribunale di Belluno, poi alla Corte d'Appello, entrambi con risposte negative.
Una sentenza sconfortante, ma che non fa desistere le due coraggiose signore dall'andare avanti. E, se nel frattempo la legge italiana non avrà accolto l'invito della Corte Costituzionale che dice: «Serve subito una legge per i figli delle coppie omosessuali», si rivolgeranno alla Corte Costituzionale stessa e poi alla Corte Europea, con maggiori speranze di riuscire in questa ultima tappa, in quanto le sentenze che quel tribunale ha emesso finora, sono state conformi alle richieste, confermando che la cultura della società civile europea è molto più avanti rispetto a quella dell'Italia che abbiamo visto arrivare sempre "dopo": non resta che sperare che si adegui al più presto alle conquiste della società civile e morale.

Le due mamme non vogliono fermarsi, ma arrivare fino in fondo per vedere riconosciuti i diritti del loro bambino e quelli di tutti gli altri bambini figli di coppie omogenitoriali.

 Per questi motivi, le due mamme chiedono il sostegno morale alle Associazioni della Provincia che si adoperano per il bene delle donne, ma confidano anche sulle molte espressioni di sensibilità e solidarietà che hanno ricevuto da amiche, amici, e persone sconosciute, in questi anni, per chiedere loro anche un contributo concreto.
La somma che dovesse avanzare dalle loro spese, sarebbero versate in beneficenza
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